Nel 2010, dopo l’ennesima collaborazione con una benemerita realtà del terzo settore che non voleva pagarmi il lavoro che le avevo prestato, e sfiancato da anni di collaborazioni di questo tipo, decisi di mandare la famosa lettera dell’avvocato per sollecitare il pagamento.
Era una Ong in forma di cooperativa in questo caso, che partecipava ad un bellissimo progetto internazionale a carattere socio-ambientale, insieme ad altre realtà sicuramente migliori di lei. La suddetta Ong aveva scarso interesse a portare avanti questo progetto – aveva solo interesse per i fondi europei che le sarebbero entrati – per cui durante il lavoro rese la vita impossibile a noi collaboratori/trici precarie che ci facevamo il culo girando l’Italia con passione e mezzi di fortuna, e poi, ciliegina sulla torta, si dimenticò di noi e dei nostri soldi appena finimmo la collaborazione.
Era troppo per me, erano dieci anni che subivo cose simili.
Il presidente di questa Ong, che mai ebbi il piacere di vedere in faccia, mi dissero che era un profugo cileno, fuggito come tanti dal golpe di Pinochet del 1973, cioè dal neofascismo capitalista di matrice USA, lo stesso che in queste settimane sta tornando a bruciare l’America Latina. Ma il problema era che ora – 2010 – anche lui era diventato un neofascista e sfruttatore di gente in difficoltà che sta cercando di sopravvivere. Se le associazioni, le cooperative, le ong di “sinistra” hanno pratiche neofasciste, di sfruttamento dei lavoratori senza tutele, di complicità con il capitale più feroce, di sudditanza ai politici più abbietti – pensavo alla fine degli anni Zero – è davvero la fine della democrazia.
Gli anni dieci saranno una fiction atroce tra schieramenti fintamente contrapposti che renderanno invisibile alla massa i meccanismi del dominio economico, facendo leva sulle parti peggiori della società a seconda del bisogno (razzismo, conformismo, indottrinamento, maschilismo, pseudo-progressismo scientista, alienazione tecnologica, consumismo sfrenato, distruzione dell’esistente, deviazionismo informativo, paura del diverso per provenienza e per scelte di vita).
E le cooperative, associazioni, Ong e realtà varie che invece faranno cose buone – faranno la politica vera – saranno triturate in questo meccanismo.
Sarà una forma inedita di dittatura, una dittatura psichica travestita da un involucro di democrazia. Ma che come tutte le cose umane finirà, anzi essendo una fiction – la globalizzazione neoliberista che governa fingendo che esistano ancora democrazie nazionali – sarà evidente a tutti prima o poi, quando la finzione della sua narrazione si scioglierà di fronte alla realtà delle persone in carne ed ossa e dei loro problemi veri. E forse sta già succedendo.
Ma allora non avevo gli elementi per capire cosa sarebbe successo. Avevo come al solito solo bisogno di sfogare e trovare una forma, così nacque questa canzone, nella casa trentina della mia amica Elena, che mi ospitava in quei giorni e mi aveva trovato un lavoretto sulle dolci montagne per il mio periodo di emergenza economica, nell’ottobre del 2010. La canzone si chiama “Gli affari”. La registrai in modo spartano qualche mese dopo in Salento.
Non avevo tempo e soldi per registrarla bene e dopo l’ho un po’ dimenticata, ma magari prima o poi le renderò giustizia. Intanto, è questa:
Appendice
Ottobre 2010. Mi trovo in Trentino a fare il cernitore di mele, a 1500 metri d’altezza, per recuperare due soldi data la situazione economica estrema in cui sono finito a causa della crisi, di soldi che non mi arrivano e di collaborazioni che ho lasciato dopo che mi hanno mandato all’esaurimento. Ma sono abituato alla vita ballerina e non mi fa certo schifo lavorare in campagna. Non penso che sia una cosa da trogloditi, come pensano molti neofascisti vittime del potere urbano-capitalista oggi (e non importa cosa votino o non votino nella fiction democratica).
Mi arriva una telefonata da un numero sconosciuto, sono in un momento di pausa, mi tolgo i guanti e rispondo:
“Signor Ricciato? Sono XXX della coop. XXX”
“Ah, mi dica”
“Senta, ci è arrivata la lettera riguardante il suo pagamento, ma c’era bisogno di usare questi metodi?”
“E me lo chiede anche? Lei non dovrebbe telefonarmi, lei dovrebbe darmi quello che mi spetta, dato che sono sette mesi che la mia collaborazione con voi è finita”
“Stiamo aspettando di rendicontare le spese…”
“Senta, a me non interessano le vostre cose, sono dieci anni che mi sento ripetere cose simili, voi prendete il vostro stipendio e vi mantenete in vita, facendo finta di fare cose utili alla società di cui non ve ne frega più niente e fate pagare i vostri debiti all’anello più debole, i collaboratori esterni, occasionali, con le notule di pagamento, che non hanno nessuna protezione sindacale. Il gioco è ormai chiaro e lo stiamo capendo tutti”
“Il suo pagamento è già in corso…”
“Il mio pagamento doveva già essere stato fatto, il danno grosso l’ho già ricevuto, e questa lettera è il minimo che vi spettava”
“In ogni caso, le devo dire che il nostro presidente non ha più piacere a collaborare con lei”
“Forse non ha capito, sono io che non voglio più sentirvi nominare”