La faccio a piedi sabato mattina la strada da Via Algardi a via Pier de’ Crescenzi, in fondo sono quartieri limitrofi, c’è solo da passare il ponte, pittoresco con la neve che copre l’orizzonte metropolitano dei binari dei mille viaggi nostri e dei mille sogni nostri, poi c’è da prendere la solita vecchia via Boldrini e sono quasi arrivato.
In via Jacopo della Quercia vedo uno che tenta di uscire da un parcheggio, le ruote schittano nella neve e lui si danna in retromarcia. Basterebbe che io posassi le borse e lo spingessi da davanti, uscirebbe in un attimo. Penso che in cambio mi potrebbe dare un passaggio, non glie lo chiederei ma me lo darebbe lui per gratitudine, se va dalla mia parte. Questo pensiero se ne va subito, arriva subito dopo il suo assassino, il pensiero che mi dice che lui pur di non darmi il passaggio andrebbe dall’altra parte. Questa è la mia città, questi siamo noi zombie.
Proseguo senza fermarmi. Attraversano la strada due donne mie coetanee sculettanti, le seguo con gli occhi e penso che se fosse capitato a loro avrei avuto più legittimità a fermarmi, se fosse capitato che erano in panne con la macchina. Lo stereotipo di genere. Là sarebbe stato chiaro perché lo stavo facendo. Tutto si fa o per soldi o per sesso. In cambio mi danno il sesso o se no ci devo guadagnare qualcosa.
Questa è la città, questa è la metropoli, questo è il Nord, questo siamo noi. Continua a leggere “Se non pioveva venivo con la bicicletta”