di Gianluca Ricciato
(*) Articolo scritto per le scor-date de La Bottega del Barbieri
Come scrive Wikipedia: “I principali produttori europei e statunitensi di lampade ad incandescenza del tempo si riunirono a Ginevra, il 23 dicembre 1924, firmando il Cartello Phoebus con un termine ideale per il 1955. Tuttavia la seconda guerra mondiale fece saltare l’accordo nel 1939. All’epoca del cartello esistevano diversi tipi non standardizzati di lampadine, per forma, incastro, tensione, potenza e luminosità: i produttori del cartello si imposero uno standard tecnico, primo caso nella storia della tecnologia, per omologare la produzione e i mercati europei e statunitensi: dato che nella standardizzazione fu imposto un limite di 1000 h per la durata di ogni lampadina, che fu definito come una “ragionevole aspettativa di vita”, ottimale per la maggior parte delle lampadine, furono e sono ancora fatte molte speculazioni su una sorta di primo tentativo di obsolescenza programmata.[1]
Serge Latouche, uno dei massimi rappresentanti dell’idea della decrescita, ricorda nel libro “L’economia è una menzogna” questo episodio del Natale 1924, e lo ricorda senza la prudenza fintamente imparziale con cui lo cita Wikipedia: durante quell’incontro infatti delle aziende private decisero ciò che fino ad allora sembrava un’assurdità per il genere umano, cioè diminuire le prestazioni di un loro prodotto togliendo ad esso tempo di vita. Possiamo considerare, quindi, il Natale 1924 la data simbolica di un mutamento antropologico (in peggio) che ha generato l’essere umano attuale?
«Il giorno di Natale del 1924, i rappresentanti dei maggiori produttori mondiali di lampadine decisero, incontrandosi a Ginevra, che la vita di una lampadina non poteva superare le mille ore di luce, introducendo nei loro prodotti un difetto che prima non esisteva, dato che praticamente le lampadine erano pressoché eterne; a testimoniare questo fatto Latouche ricorda che nella caserma dei pompieri di Livermore, in California, fa ancora luce a tutt’oggi una lampadina del 1912, fabbricata prima delle modifiche peggiorative del 1924. Livermore potrebbe diventare un simbolo internazionale della società della decrescita.»[2]
Ci abbiamo messo un secolo a comprendere, e non ancora a livello generale, che esiste un problema sociale ed ecologico gravissimo che si chiama obsolescenza programmata: automobili, elettrodomestici, computer, smartphone, stampanti, televisori, soprattutto quelle di uso comune e non di lusso, sono prodotti soggetti ad una programmazione pro tempore. Questo è stato possibile grazie a decenni di pubblicità che hanno reso ai nostri occhi anti-economici gli oggetti durevoli ed economici gli oggetti usa e getta. È probabilmente uno dei problemi ecologici più drammatici, che però non ha la fortuna del climate change nei media (forse perché è difficile innescare soluzioni greenwashing come le auto elettriche, su questo tema).
Quali sarebbero quindi le soluzioni? Generare cultura diffusa, scrivere di questo, parlarne, potrebbe servire? Forse sì, ma personalmente ho l’impressione che serva a poco, materialmente, per invertire la rotta, anche perché lo stiamo facendo da anni.
Per questo se devo veramente dire ciò che penso su questo tema, ho bisogno di andare al fondo di un altro problema che a mio parere è strettamente connesso a questo e che riguarda il tentativo di creare coscienza ecologica nella popolazione da parte di una parte di essa. Sono decenni ormai che rispetto al tema ecologista – e non solo – si è diffuso un atteggiamento moralista e colpevolizzante, da parte di molte persone attiviste o che si ritengono tali. È un atteggiamento da purista che si tira fuori dal problema, che crede che la scelta etica lo/la preservi dalla connivenza con la produzione e il consumo capitalista. Dicendo questo non intendo negare il peso delle responsabilità individuali nelle scelte degli stili di vita, ma non si può secondo me scindere questa responsabilità dal fatto che non esiste individuo fuori da una società. Così come non esiste testo senza contesto, e non esistono corpi senza ambiente circostante.
Milioni di individui della società occidentale, quotidianamente, sono indotti ad usare e gettare via centinaia di fazzoletti e tovaglioli di carta, decine tra bicchieri e bottigliette di plastica, fino a qualche mese fa più di una mascherina al giorno (senza che si potesse minimamente accennare al problema pena venire tacciati di essere nemici del popolo). Questi individui sono la normalità strutturale delle società capitaliste e dei luoghi da esse colonizzati. Ma ci sono tanti altri individui che sono pienamente consapevoli del fatto che questa sia una follia che non può andare avanti. Solo che va avanti lo stesso nonostante questa consapevolezza. È questo stesso modello mentale, a mio parere, che rende invisibile il fatto che due anni fa hai comprato un televisore nuovo (o un altro tra le decine di elettrodomestici “indispensabili”) e ora lo devi cambiare, e tutto questo è una delle principali cause del tuo impoverimento, oltre che un danno enorme per il sistema Terra. Ma non sai fare altro che lamentartene e proseguire con la coazione al consumo, cioè con la coazione al tuo impoverimento (inutile parlare di conseguenze ecologiche perché spesso chi vive così non ha nemmeno la capacità o la forza di pensarci).
Allora di nuovo, che fare?
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