di Gianluca Ricciato
Il movimento globale dentro di me iniziò in un preciso momento, anche se ci furono molti altri momenti preparatori. Questo preciso momento avvenne durante una festa di laurea in una casa studentesca bolognese. Una festa in cui tutti erano piuttosto alticci o proprio sfatti dai festeggiamenti. Ma io no, e non perché fossi particolarmente virtuoso, ma perché in quel momento avevo dentro un’inquietudine. Ero nervoso. Era la sera del 20 luglio 2001 e nel salone c’era la TV accesa sugli scontri per le strade di Genova, ed era da poco stata data la notizia di un morto. Forse uno spagnolo, sicuramente uno del blocco nero.
Mentre guardavo la TV apparve una foto di questo presunto spagnolo: di spalle, incollato ad una camionetta dei carabinieri bloccata contro un cassonetto riverso dei rifiuti, intento a scagliarle addosso un estintore rosso da distanza ravvicinatissima. La foto fu mandata in onda a lungo, mentre di sottofondo i commentatori blateravano. La guardai a lungo e iniziai a non credere che quello fosse possibile, che non fosse la realtà. Iniziai a non credere a quella foto perché mi sembrava una fiction. Iniziai a pensare che non era così, che quella ricostruzione che stavano dando non fosse vera. Che fosse falsa. Che fosse una fake news come si dice oggi, una bufala. O meglio, come si dovrebbe dire in questi casi, un depistaggio. E non so perché ebbi questa intuizione, visto che normalmente non è che mi occupi di omicidi o cose del genere. Ma quella intuizione era fondata: quella foto non rispecchiava la realtà, ma la deformava, la depistava. Perché, e questo da studente di filosofia estetica lo sapevo, il rapporto tra immagine e realtà è una cosa complessa e non lineare. Un’immagine può essere usata per imporre un’opinione, travisata, mal compresa o manipolata.
In quel preciso momento, a quell’ora e in quella festa, iniziò dentro di me il movimento globale. Continua a leggere “C’era una volta un movimento globale. Che partiva dal personale”
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