Abbiamo sputato sulla fine della storia, per questo ci siamo salvati. Abbiamo sputato sul mondo pacificato, conforme a chi non si è capito mai, uguale a se stesso e alla sua immagine, contenitore vuoto di cose vuote, all’infinito, come la sequenza infinita delle televisioni che contengono altre televisioni che contengono altre televisioni e così via, all’infinito. Negli anni Ottanta si vedeva spesso questa immagine, ora non più, chissà perché. Continua a leggere “L’ultimo anno (12) # Abbiamo sputato”
L’umido caldo di Bologna non si sopporta.
Maggio è speranza e anche tradimento. La brezza sensuale dell’Appennino che attraversava le finestre aperte del corridoio e della cucina, che portava il buon umore e altri umori vari era sparita. Avevo sperato in lei. Le sere a parlare sul divano davanti alla TV, sere che sembravano inutili in cui nessuno passava e non ci andava di uscire e ci ritrovavamo a raccontarci, con Cesare e Betty, rilassati, complici, amiche. Le sere erano tirate da quella brezza che acquietava le nostre ansie avventuriere anche se non ce ne accorgevamo, ci faceva diventare sereni e disinteressati. L’afasia sentimentale non ci impediva la condivisione amicale, del resto quella amicale era l’unica via che conoscevo per arrivare ai sentimenti, sempre così era andata e nonostante mi sentissi continuamente dire che non era possibile conciliare amicizia e sentimenti. È possibile se lo vivo, e questo mi basta. Ma anche altri lo vivevano anche se parlavano continuamente di semplice coinvolgimento fisico. Non mi bastava per considerarli liberi dai sentimenti. Lo vedevo Davide nelle sere storte con Betty, era coinvolto anche così. La via amicale era l’unica che il mio corpo sapeva e non era questione di sesso o almeno non subito e non soprattutto. Era questione di essere morbide e lente e con Betty lo eravamo. Morbide e lente. Anche con Cesare ma non si sbottonava, sul più bello dei discorsi ci tirava dentro il cinismo rigido dei muri maschili, il dover essere per natura come stabilito dai suoi avi, il dover dire “io non accetto” quando Betty ad esempio ci parlava dell’innamoramento quinquennale per la sua compagna di banco, non esperito. Continua a leggere “L’ultimo anno (11) # Venite alle case occupate”
Davide e Cesare, i due calabresi arrivati nella casa relitto, si stabilirono nella seconda camera da letto, quella più grande e con vista giardino, luminosa e quasi normale. Per paura di non trovare inquilini, io e Igor evitammo di occuparla noi e restammo nella prima camera sebbene il buio, gli spazi stretti, la polvere del giro scale e tutto iniziava a essere troppo, pur essendo ormai anestetizzati alle scomodità. In effetti, probabilmente i calabresi non avrebbero accettato il nostro tugurio, mentre videro di buon grado la possibilità di uno stile di vita soddisfacente nella camera più grande, un rifugio sicuro dove riposare le fatiche della vita sociale nel quartiere quasi a luci rosse dove era posizionato il relitto e dove passavano la maggior parte del tempo. Io e Igor continuavamo a fare vita un po’ distaccata dai grupponi di amici dei calabresi, ma anche le nostre frequentazioni e gli ospitaggi aumentavano. Ci stavamo rendendo conto che le dimensioni della cucina avevano potenzialità che all’inizio non avevamo riconosciuto. Continua a leggere “L’ultimo anno (10) # La cucina-teatro”