Pubblicato in origine su La Bottega del Barbieri

Prende sempre lo sconcerto nel leggere le vicende giudiziarie innescate il 22 giugno 1993 con l’arresto del ministro della sanità Francesco De Lorenzo, e poco dopo del direttore del sistema farmaceutico Duilio Poggiolini. Oppure nell’evocare espressioni ormai cult della storia italiana legata al capitolo sanità di Tangentopoli: «sua sanità», «sangue infetto», «malasanità», «Re Mida della sanità». Così è almeno per chi come me in quell’epoca era adolescente e ha assistito in diretta al crollo dall’interno di un sistema politico, svergognato da uno dei suoi poteri costituzionali, il potere giudiziario. E tutta la contraddittorietà che questo fatto si porta dietro in quanto «rivoluzione a suon di manette» e tutta intestina ai poteri dello Stato italiano.
Lo sconcerto però si moltiplica nell’apprendere che oggi quei nomi, quelle aziende private, quelle multinazionali del farmaco, quelle modalità che Poggiolini definì eufemisticamente come un adagiarsi «in quella che voi giudici chiamate situazione di corruzione ambientale»(1) sono in buona parte ancora protagoniste dell’attualità. Lo sconcerto si trasforma allora in dubbio consistente: che quelle modalità di corruzione del sistema sanitario da parte di aziende private interessate principalmente al profitto allora fosse solo agli albori, mentre ora, nel 2020 della pandemia globale, è a pieno regime. E che la rivoluzione italiana delle manette, in questo caso, sia stata solo un tentativo ammirevole ma inconsistente di fermare un sistema di potere troppo forte: la globalizzazione vincente delle multinazionali chimico-farmaceutiche.
Un tentativo dettato in quel momento dallo scoprire però qualcosa di troppo forte, letteralmente osceno: «Le tangenti sul prezzo delle medicine… vuol dire taglieggiare i vecchi, i malati, i più deboli», dissero i giudici allora, allibiti. (2) Continua a leggere “La malattia cronica della sanità italiana”