1999

Credo che questo sia il primo racconto che ho scritto nella mia vita, dico credo perché quella era un’epoca confusionaria e scrivevo tante cose disordinate, ma la sensazione è che la serata qui vissuta sia stata la prima ad ispirarmi una scrittura con un’intenzione narrativa. Nonostante oggi lo editerei da capo a piedi staccandolo dalla pura autobiografia, è giusto che rimanga tale e quale lo scrisse quel ragazzetto nella foto a fine post. Inutile che nego adesso l’occasione dell’attualità che me lo ha fatto tirare fuori, ma con le pagliacciate del regime tecnocratico odierno ha poco a che fare. Sono però felice che anche con il doppio degli anni che ho oggi rispetto ad allora, siano rimaste immutate le mie idee libertarie che mi hanno sempre allontanato dai burattini del potere, a prescindere dal loro posizionamento nella farsa del sistema. Che poi, in un sistema tecnocratico, è sempre un posizionamento di destra. Così come lo è qualunque limitazione della libertà delle persone, oggi come ieri, è sempre quello il problema. Le scuse per farlo cambiano in base alle epoche.



1999

La veneziana brown della mia camera è chiusa per difendermi dai 40 gradi che attanagliano me e una città semideserta, chiusa al traffico nel suo ombelico come informava poco fa il tg3 regionale, ancora rincoglionita da un terremoto notturno che aveva in sé qualcosa di finale, ma anche di iniziale.

Com’ero rincoglionito io ieri sera prima di addormentarmi, quando cercavo vanamente qualche pensiero, qualche appiglio spaziotemporale che non riguardasse le otto ore di terremoto sonoro che avevo appena trascorso. Una ricerca inutile, qualche ricordo importante, qualche legame con il mondo circostante e la mia vita bolognese, qualche varco tra le ombre luminose inserite nella mia mente dai decibel elettrochimici, dall’alcool, dalle sirene, da migliaia di volti e di gambe nude, dal sudore, dall’hascisch.

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La seconda primavera

È la seconda primavera consecutiva che passo qui, non succedeva da anni, a parte le vacanze di Pasqua e qualche giorno tra 25 aprile e primo maggio rubato al lavoro nelle scuole di Roma.

È la seconda primavera da confinati, anche se le due non sono uguali. Ma di comune c’è l’uccisione della socialità.

Non so perché mi sono venuti in mente i Sepolcri. Per il secondo anno non ci sono stati. Il potere sa che le abitudini si cambiano con il tempo, e il popolo non sempre se ne accorge di stare perdendo i suoi riti in favore delle abitudini telecomandate. Di stare diventando massa.

È più di un secolo che succede, ma la resistenza maggiore viene dai paesi e dai Sud. E dai paesi del Sud.

I Sepolcri io me li ricordo da piccolo come una mega-camminata inedita nelle tenebre mistiche delle strade di Aradeo. In cui potevo incontrare chiunque. Un’occasione unica, diversa dai riti settimanali in cui si facevano sempre le stesse cose.

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Genova qui e ora

“Il mio Mediterraneo non è quello delle cartoline. La felicità non ti viene mai regalata, te la devi inventare.”

Jean Claude Izzo

Tramonto su Bogliasco

Genova qui e ora è una città che si sporge ancora sul Mediterraneo.

Genova qui e ora è anche una città, “quella in cui affiorano l’amarezza e la grandiosità dei sogni”, come scrisse il marsigliese Izzo nel suo ultimo libro poco prima di morire. 

Genova qui e ora è molto più di una città, è un modo di vivere vecchio e nuovo al tempo stesso che in quei giorni ci assalì. 

Genova qui e ora è un concentrato di desideri che da allora non se ne è più andato, anzi che esonda più passa il tempo e più si avverano quelle cose. 

Genova qui e ora è l’esibizione spettacolare di una catapulta che ci sputava fuori dal ‘900 dopo aver distrutto tutte le cose belle del ‘900, la vita, l’arte, la bellezza, la trasgressione, le avanguardie, i quartieri, i teatri, i cinema, le trattorie, la solidarietà delle comunità, e ci aveva lasciato in preda ad un futuro tecnocratico senza futuro. 

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Una settimana nel 1984 (7) # Distopia. Psicopolizia. Controllata pazzia

1984 occhio«”Tutte le passate oligarchie hanno dovuto rinunziare al potere o perché si sono irrigidite, o perché si sono addolcite. Sia che divenissero, insomma, troppo sciocche o troppo arroganti, non furono capaci di adattare se stesse alle circostanze, e vennero rovesciate: se invece diventarono liberali e per debolezza fecero delle concessioni allorché avrebbero, invece, dovuto usare la forza, furono rovesciate anche allora. Vale a dire che esse caddero sia per la consapevolezza della propria natura sia per la non consapevolezza di essa. È appunto opera del Partito l’aver prodotto un sistema filosofico nel quale entrambe le condizioni possono esistere simultaneamente. Ed infatti non si può pensare ad altro fondamento sul quale il dominio del Partito avrebbe potuto raggiungere appunto quel suo carattere di permanenza. Se si vuol comandare e persistere nell’azione di comando, bisogna anche essere capaci di manovrare e dirigere il senso della realtà. Poiché il segreto del comando consiste, per l’appunto, nel combinare, fra loro, da un lato la fede nella propria infallibilità e dall’altro la capacità di apprendere da passati errori.

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Una settimana nel 1984 (6) # I sacerdoti del potere

1984 occhio«Noi siamo i sacerdoti del potere» disse. «Iddio è il potere. Ma in questo momento, per quanto riguarda te, il potere è soltanto una parola. Siamo arrivati al punto in cui è bene tu abbia una qualche idea di che cosa realmente significa il potere. La prima cosa che tu devi capire è che il potere è collettivo. L’individuo raggiunge il potere solo in quanto cessa di essere individuo. Tu conosci lo slogan del Partito: “La libertà è schiavitù”. Hai mai pensato che si può rovesciarlo? La schiavitù è libertà. Fino a quando è solo e libero, l’essere umano è sempre condannato alla sconfitta. Deve essere così, perché ogni essere umano è condannato a morire, il che costituisce la maggiore di tutte le possibili sconfitte. Ma se egli riesce a fare una completa, totale sottomissione e rinunzia, se riesce a evadere dalla sua stessa identità, se si può completamente immedesimare nel Partito, in modo da fare che egli sia il Partito, solo allora riesce a essere onnipotente e immortale. La seconda cosa che tu devi capire è che il potere significa il potere sugli uomini. Sul corpo… ma soprattutto sulla mente. Il potere sulla materia, quella che tu chiami realtà esterna, non è importante. Il nostro controllo della materia è già assoluto e totale.» Continua a leggere “Una settimana nel 1984 (6) # I sacerdoti del potere”