Genova qui e ora

“Il mio Mediterraneo non è quello delle cartoline. La felicità non ti viene mai regalata, te la devi inventare.”

Jean Claude Izzo

Tramonto su Bogliasco

Genova qui e ora è una città che si sporge ancora sul Mediterraneo.

Genova qui e ora è anche una città, “quella in cui affiorano l’amarezza e la grandiosità dei sogni”, come scrisse il marsigliese Izzo nel suo ultimo libro poco prima di morire. 

Genova qui e ora è molto più di una città, è un modo di vivere vecchio e nuovo al tempo stesso che in quei giorni ci assalì. 

Genova qui e ora è un concentrato di desideri che da allora non se ne è più andato, anzi che esonda più passa il tempo e più si avverano quelle cose. 

Genova qui e ora è l’esibizione spettacolare di una catapulta che ci sputava fuori dal ‘900 dopo aver distrutto tutte le cose belle del ‘900, la vita, l’arte, la bellezza, la trasgressione, le avanguardie, i quartieri, i teatri, i cinema, le trattorie, la solidarietà delle comunità, e ci aveva lasciato in preda ad un futuro tecnocratico senza futuro. 

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L’isola che non c’è piú, lo sgombero del rifugio Chez JesOulx

Le Fiabe Atroci ospitano oggi un articolo che parla degli ultimi giorni di vita della Casa Cantoniera Chez JesOulx, in Val di Susa, brutalmente sgomberata il 23 marzo 2021

di Silvia Parmeggiani

Martedì scorso è stata sgomberata la Casa Cantoniera Occupata di Oulx, in alta Val di Susa, che da dicembre 2018 ospitava migranti in transito. L’edificio, abbandonato da anni, aveva ripreso vita, animandosi e accogliendo donne, uomini, bambini e bambine in fuga da guerre, persecuzioni, o semplicemente alla ricerca di un luogo altro in cui vivere. Molti di loro, in viaggio da mesi, avevano percorso migliaia di chilometri a piedi o nascosti su tir, navi e quant’altro, per ricongiungersi con la famiglia già stabilita in Europa.

Il rifugio, detto anche Chez JesOulx – in ricordo della prima occupazione a Claviere sgomberata nell’autunno del 2018 – era molto di più di un tetto sulla testa offerto a chi cercava un ricovero per la notte. Prima che svanisse nel nulla per l’ennesimo sgombero senza senso, ho avuto anche io l’opportunità di viverlo e credo sia importante raccontare e condividere l’esperienza che è stata. Ogni volta che viene spazzato via uno spazio liberato si perde molto di più di un luogo, quattro mura pericolanti: si perdono spazi d’incontro, di attività, di comunità, in questo caso fondamentali per chi ha bisogno di sostare brevemente, di riprendere fiato per proseguire nel viaggio, di ricaricarsi. Eliminando questa oasi si sta togliendo una possibilità di ristoro davvero preziosa, anche capace di salvare vite umane.

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L’ultimo anno (21) # Un sabato qualunque

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Moon over Bologna

È sabato sera, nel giro di qualche ora la piazza si riempie di gente di tutte le età, dagli universitari ai cinni del liceo che vengono a scoprire la multicultura cittadina ai giovani lavoratori appena usciti dagli anni dell’autonomia. Tra il crescentone e gli scalini di San Petronio ci sono centinaia di persone, la calura imprigionata nel suolo sembra non dare troppo fastidio visto che sono quasi tutti seduti per terra. Noi arriviamo intorno alle dieci e riconosciamo il punk suonato con le chitarre acustiche dai nostri amici, quello d’epoca dei Clash e quello ecologista dei Crass e quello nuovo dei NOFX passando per gli Skiantos autoctoni e per le canzoni sconosciute dei gruppetti nostrani.
I nostri cervelli presi dallo sballo modificato del vino della mensa ci dipingono la piazza affollata come una tavolozza del Pazienza, e forse c’è qualcosa di vero in questa immagine. Riconosco Davide ad una delle chitarre e Cesare con un tamburello in mano, vedo Igor alle prese con una ragazza punk a me sconosciuta e tra di loro il bottiglione da cinque litri di vino, presumo proveniente da casa nostra. Poco vicino riconosco alcuni ragazzi delle case occupate e più indietro, vicino alla porta della chiesa, mi accorgo che c’è James, il tipo pazzoide che mi somministrò un pompino mesi prima. Dai movimenti loschi credo stia trafficando cartoni lisergici, non so se dalla parte dell’acquirente o del commerciante. Continua a leggere “L’ultimo anno (21) # Un sabato qualunque”

L’ultimo anno (19) # Una donna ferita e saggia

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ghiaccio

Luglio 1996

«Vieni su con me» mi dice Igor, e senza che me ne accorga mi ritrovo con lui in macchina diretto verso il Nordovest.
Non mi dispiace abbandonare l’afa asfissiante ma mi turbano molte cose, andare via in questo momento, sotto esame, anche se mi porterò i libri e Igor mi ha promesso un luogo ideale in mezzo al verde dove sarò da solo a dormire e potrò concentrarmi.
Lasciare tutti sotto tiro, lasciare Betty che è sotto esame anche lei e sotto tiro più di me, ha l’anima instabile e trova spesso in me una persona con cui parlare. Siamo andati a passeggiare in questi giorni all’imbrunire dopo le giornate di studio, ci siamo raccontati e ci siamo baciati ancora senza promesse e senza cornici di nessun tipo, ma siamo coinvolti e i vari casini intorno a noi sembrano rafforzare questo coinvolgimento.
Mi chiede se voglio restare in città e lo sta chiedendo a se stessa, io non so cosa risponderle. È stanca della storia con Davide, di un anno confusionario e delle angosce che non se ne vanno. Le dico che sono stanco anch’io, ma sono fiducioso perché stiamo vivendo cose importanti.
Ci accarezziamo con le parole e con i corpi, ci vogliamo bene e non andiamo troppo avanti con l’intimità. Quando le dico che Igor mi porta in Piemonte accenna un sorriso sarcastico come volesse dirmi hai visto che avevo ragione. Ma non sa che mi turba rivedere Anja, e non glie lo dico. Forse c’entra anche Anja con l’insistenza di Igor a farmi partire insieme a lui, ho paura di vederla perché dovrò raccontarle tutto e perché sento che lei si aspetta il mio dovere di maschio. Del resto io il mio dovere di maschio libertino lo dovrei fare, non ho alcun legame reale e sulla carta non dovrei preoccuparmi di fare ingelosire Betty visto che non ho fatto una piega alla sua storia con Davide in tutti questi mesi. Ma la carta in queste cose non conta nulla e dall’arresto in poi Davide e Betty stanno quasi evitando di vedersi da soli, forse per non alimentarsi le tensioni forse perché era già destinato a concludersi il loro ménage. Continua a leggere “L’ultimo anno (19) # Una donna ferita e saggia”

Un tribunale della natura contro la perdita del senso comune

nuovo cinema paradisoResoconto di un emozionante pomeriggio dedicato a Estrattivismo, diritti dei popoli e diritti della Natura, in cui il movimento No Tap e la popolazione salentina hanno incontrato Alberto Acosta Espinosacostituzionalista e intellettuale interno ai processi ecuadoregni. Acosta è uno dei teorici fondatori della filosofia del “buen vivir” e membro del Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura.1 Come Presidente della Assemblea Costituente di Montecristi, nel 2008 approvò la nuova Costituzione ecuadoregna, la prima a riconoscere la Natura come soggetto di diritti.

Articolo ripreso da La Bottega del Barbieri

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