1999

Credo che questo sia il primo racconto che ho scritto nella mia vita, dico credo perché quella era un’epoca confusionaria e scrivevo tante cose disordinate, ma la sensazione è che la serata qui vissuta sia stata la prima ad ispirarmi una scrittura con un’intenzione narrativa. Nonostante oggi lo editerei da capo a piedi staccandolo dalla pura autobiografia, è giusto che rimanga tale e quale lo scrisse quel ragazzetto nella foto a fine post. Inutile che nego adesso l’occasione dell’attualità che me lo ha fatto tirare fuori, ma con le pagliacciate del regime tecnocratico odierno ha poco a che fare. Sono però felice che anche con il doppio degli anni che ho oggi rispetto ad allora, siano rimaste immutate le mie idee libertarie che mi hanno sempre allontanato dai burattini del potere, a prescindere dal loro posizionamento nella farsa del sistema. Che poi, in un sistema tecnocratico, è sempre un posizionamento di destra. Così come lo è qualunque limitazione della libertà delle persone, oggi come ieri, è sempre quello il problema. Le scuse per farlo cambiano in base alle epoche.



1999

La veneziana brown della mia camera è chiusa per difendermi dai 40 gradi che attanagliano me e una città semideserta, chiusa al traffico nel suo ombelico come informava poco fa il tg3 regionale, ancora rincoglionita da un terremoto notturno che aveva in sé qualcosa di finale, ma anche di iniziale.

Com’ero rincoglionito io ieri sera prima di addormentarmi, quando cercavo vanamente qualche pensiero, qualche appiglio spaziotemporale che non riguardasse le otto ore di terremoto sonoro che avevo appena trascorso. Una ricerca inutile, qualche ricordo importante, qualche legame con il mondo circostante e la mia vita bolognese, qualche varco tra le ombre luminose inserite nella mia mente dai decibel elettrochimici, dall’alcool, dalle sirene, da migliaia di volti e di gambe nude, dal sudore, dall’hascisch.

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Lockdown Playlist – 50 songs

lockdown music
Immagine tratta da Orme svelate


Quando una insopportabile disciplina è stata sopportata solo la musica ti può salvare. Sparare musica sulla guerra psichica è l’unica metafora che accetteremo, ora e sempre. 50 canzoni per un lockdown scelte in modo arbitrario. O forse un senso ce l’hanno. Dall’Italia al resto del mondo, ma senza pulsioni patriottiche. Sono state la mia colonna sonora di questi mesi.

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L’ultimo anno (22) # L’inizio di tutto

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ragnatela

Luglio 1996

Mare ca sape tare comu sape liare,
mare ca comu sta musica
nu se face mai dominare.

Sud Sound System

Cosa c’è al di là di questi momenti non riusciamo a capirlo. Non riusciamo a vedere cosa c’è dopo la trappola, dopo la ragnatela in cui siamo finiti senza nemmeno accorgercene. Non riusciamo a decifrarlo questo rebus, quanto è fatto da nostre paranoie e quanto è invece un vero assedio. Cosa dobbiamo fare per vivere tranquilli? Dobbiamo cambiare vestiti, mentalità, abitudini o che cos’altro, forse sono gli orari che non vanno bene, o il modo in cui camminiamo per strada? Camminiamo troppo lenti per la città, o magari dobbiamo solo cambiare strade?
Non riesco a dormire e con gli occhi sbarrati guardo scorrere l’Adriatico dal finestrino. Betty invece si è addormentata accanto a me, lo scompartimento è pieno come sempre nei periodi che si affacciano alle vacanze e ci ho già fatto l’abitudine, anzi bene ci è andata che due posti li abbiamo trovati. Dopo che siamo riusciti a catapultarci al volo sul treno dell’una e trentanove, l’ultimo della serata, il più disperato. Dopo che senza mollarci un attimo siamo passati dalle rispettive case il tempo di prendere lo strettissimo necessario, come se stessimo andando a fare un fine settimana fuori, ma attenti che non ci fosse nessuno all’entrata di casa sua e a quella di casa mia, del relitto. E quasi ci sembrava strana quella pace tardo serale mentre in Piazza c’era la guerra. Poche ore fa.
Non sappiamo nulla degli altri, siamo preoccupati ma anche liberati. Non sappiamo se da una persecuzione mirata nei nostri confronti o da una semplice azione di ordine pubblico, nemmeno questo sappiamo, se c’è un motivo politico dietro tutto questo o è semplicemente un problema tutto nostro interno, della nostra incapacità di stare al mondo. Prima almeno era tutto più chiaro, chi stava con lo Stato e chi stava contro, e si facevano la guerra. Nemmeno questo abbiamo noi, ma nemmeno lo vogliamo. Quanto ci siamo divertiti quest’anno, quante risate ci siamo fatti. Quante storie ridicole e grottesche abbiamo vissuto, quante avventure senza senso.
Il nonsense è diventato il nostro sesto senso per evitare la serietà della vita che ci piomba addosso e non sappiamo affrontare. Solo che tu riesci a dormire bella mia, tu riesci ad acquietare la mente, io sono ancora qui a rimescolarmi le immagini nel cervello per il mio solito vizio di non riuscire a staccarlo, per il solito circolo vizioso di cercare il senso nel nonsenso. Continua a leggere “L’ultimo anno (22) # L’inizio di tutto”

Cineracconto e i dieci anni prima

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Panorama di Bologna da Villa Spada, 2009

Visto che siamo in tema di #tenyearschallenge, che tradotto significa più o meno #chestavofacendodieciannifa, allora ne approfitto per dire una cosa importante che ho fatto dieci anni fa, e lo faccio nell’occasione della mia prima uscita musicale ufficiale, il mini-disco Cineracconto.

Dieci anni fa, nel 2009, decisi che erano troppi anni che suonavo, scrivevo e componevo cose per me senza riuscire a dare loro una forma accettabile per il mondo esterno, per vari motivi, mia indolenza, mondo difficile, altre cose da fare sempre più importanti, tendenza alla dispersività, paura.

E intanto mi erano successe nella vita tante cose che mi avevano riempito i taccuini, la mente e le orecchie, tante che rischiavano di esondare, e infatti esondarono, proprio nel 2009, ten years ago. Continua a leggere “Cineracconto e i dieci anni prima”