
Insegnare la disobbedienza non è possibile, si può solo dare un esempio. È l’insegnamento di fondo del racconto L’ultimo test di Philip Dick, messo in scena da Daniele Barbieri nella sua chiacchiera-spettacolo Sette storie (o più) di futuri in scena.
Lo spettacolo prende le mosse dal testo Quando c’era il futuro, Tracce pedagogiche nella fantascienza, che DB ha scritto insieme a Raffaele Mantegazza, e che descrive i modi in cui attraverso la fantascienza si possono risalire le questioni più scottanti che si aprono in campo di educazione e formazione. Perché “educare un ragazzo o una ragazza significa giocare con il futuro […] per questo motivo l’educazione è così vicina all’utopia e a tutte le forme di immaginazione che gli esseri umani hanno cercato di utilizzare per immaginare il futuro”.
La storia di Bob Bibleman, protagonista de L’ultimo test, è una di queste storie e riguarda la possibilità o meno che abbiamo di percorrere le strade della resistenza, della nonviolenza, della disobbedienza, e che cos’è che spesso ci impedisce di farlo. Che cos’è che fa resistenza dentro di noi.
Ma chi è Bob Bibleman? È uno sfigato che “passa la vita ai giardinetti a chiedere soldi per comprarsi un hamburger. Un robot gli annuncia che ha vinto (senza neppure aver preso il biglietto) in una lotteria: per un anno mangerà e dormirà gratis senza altri obblighi che studiare. Bob sospetta la fregatura anche perchè il nome della località non è incoraggiante, si chiama “Seifottuto”.”*
(*da Quando c’era il futuro. Tracce pedagogiche nella fantascienza di Daniele Barbieri e Raffaele Mantegazza, FrancoAngeli, Milano 2013)
IL VIDEO DELLO SPETTACOLO DI DANIELE BARBIERI (ROMA, DIC. 2014)